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condannato dal sinedrio

Allora mi alzo e chiedo a Dimitri:

Non rispondi nulla? Che cosa testimonio contro di te?

Ma lui tace, la pace è una bugia perché la pace è l’attesa della menzogna. Mi tolgo la camicia e se potessi la straccerei. Dimitri canticchia:

Oh oh, la bella vita…

E questo vale la bestemmia. Reo di morte Dimitri, mentre in Ucraina si fanno la guerra e lui fa finta di niente, e rinnega i russi e Putin, e Kiev in fiamme e città di barricate, facciamo finta che. Ti condanno Dimitri all’acerbo perpetuo, a una canzone di Vecchioni censurata, a caramelle di mirtillo che sanno di mela. Ti condanno Dimitri ad essere il pretesto. Ti condanno alla bellezza compositiva di una crocifissione, a mangiare ricotta per morirne, a buttarti da un ponte sul Tevere con l’oro addosso – sei dei faraoni il più pappone di tutti. Un poeta ucraino – era uno squilibrato, vissuto sotto censura come certe canzoni di Vecchioni, amico dell’Achmatova e di Mandel’stam – ha scritto che il destino ci seguiva passo passo, come un pazzo con un rasoio in mano. Chissà se sei il poeta, il camminare, il pazzo o il rasoio. Siamo soli perché la parola si annida in noi, la Parola del limite – tra male e bene e che mangiamo questa sera.

Dimitri questa sera è il compleanno di lei, e lei è così cattiva nei suoi diciassette anni, non farla mai sedere per terra. Dimitri il tuo osso tra l’anca e la pancia è la verità della condanna, non farlo vedere a nessuno.


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